Gen. Dr. Luciano Garofano: “La Prova scientifica: è sempre giusto processo?”

A dare ulteriore lustro al Forum “Il Valore della Giustizia in Italia: tra prove oggettive e prove opinabili. L’Etica e le Perizie: il sistema italiano” organizzato dall’INPEF per il prossimo settembre, l’autorevole presenza del Gen. Dr. Luciano Garofano, Biologo forense, già Comandante dei RIS di Parma e Presidente dell’Accademia Italiana di Scienze forensi, pregiato Docente INPEF, con un intervento particolarmente significativo dal titolo “La Prova scientifica: è sempre giusto processo?”.

– Generale, può anticiparci innanzitutto qualcosa in più sulla relazione che porterà al Forum? Un titolo indubbiamente emblematico…

“Effettivamente nella mia relazione vorrei evidenziare un aspetto significativo, il ruolo sempre più determinante della prova scientifica che confligge però con la possibilità che tutte le Parti coinvolte nel processo possano disporre di tutta la documentazione tecnica in grado di consentirgli la stesura dei propri elaborati professionali. Sembra paradossale ma non è infrequente che ci si debba accontentare di fotocopie in b/n e/o che tutta la documentazione del sopralluogo o i referti riguardanti le analisi scientifiche, come quelle del DNA o di altre tecniche analitiche sofisticate, non siano messe completamente a disposizione ed in copia integrale nelle mani degli esperti della difesa. Ecco, risulta chiaro allora che quel ‘giusto processo’ che dovrebbe garantire gli stessi diritti a tutti, poi nella pratica non incontra pari corrispondenza proprio in virtù di queste difficoltà. Vorrei inoltre sottolineare che c’è una recente sentenza della Cassazione che indicherebbe nella consulenza del Pubblico Ministero una maggiore affidabilità rispetto alle consulenze delle altre parti, e allora mi chiedo: che ‘giusto processo’ è questo, se a una parte si riconosce ‘arbitrariamente’ maggiore rilevanza rispetto alle altre?”.

– Lei ha svolto numerose perizie per l’Autorità Giudiziaria in delicate e complesse vicende giudiziarie; nella Sua esperienza, qual è il valore di essere oggettivi nel fornire una perizia o una consulenza, e quali sono invece i rischi da evitare?

“Senz’altro alti rischi sono quelli legati al fatto che, vista la sempre maggiore complessità degli accertamenti che siamo chiamati ad effettuare e l’elevata complessità delle tecniche analitiche impiegate, non sempre coloro che vengono incaricati di fornire tali riscontri così importanti esprimono al contempo quelle competenze che sarebbe necessario possedere a fronte della delicatezza del compito che si è chiamati a svolgere. A partire già dal primo intervento sulla scena del crimine, perché se chi interviene per primo non lo fa in maniera competente, in modo cioè da non alterare la scena, proteggerla, documentarla…, ecco che poi tutto questo penalizza terribilmente tutto il lavoro successivo, perché gli errori non possono essere sanati. Penso ad esempio alla non acquisizione delle telecamere, o alla documentazione fotografica solo parziale della scena o delle vittime, o ancora alla non repertazione idonea di indumenti, oggetti e tracce. È indubbiamente un tema da discutere, perché purtroppo si tratta di una situazione che riguarda più fasi e più professionisti che – se visti in un’ottica più ampia – rischiano di avvilire la prova scientifica e quindi anche il giusto processo”.

– Oggi è sempre più l’esperto che determina il giudizio: quanto diventa importante allora trasferire Scienza, Etica ed oggettività nell’ambito peritale? 

Scientificità, onestà intellettuale, etica e deontologia dovrebbero essere degli elementi scontati vista l’estrema delicatezza dei temi e delle vicende di cui ci occupiamo e che hanno a che fare proprio con la libertà delle persone e con la Giustizia. La Biologia forense è determinante come l’informatica, in cui si rendono evidentemente necessarie competenze importanti, relativamente per esempio all’acquisizione di telefoni o pc, alla possibilità di fare copie forensi adeguate, alla capacità di avere conoscenze pertinenti sulle celle di aggancio o sulle mappe di copertura… In tutte le discipline scientifiche che riguardano l’ambito forense è necessario avvalersi di veri esperti; quello che bisognerebbe chiedersi è: la Giustizia si avvale sempre di veri esperti?”.

– Nella formazione dei professionisti che svolgono queste discipline lavorando come consulenti o periti, quali sono gli elementi centrali da non trascurare per esercitare al meglio la professione e in che modo queste nozioni vengono portate nei percorsi formativi dell’INPEF?

“È indubbio che non basta una laurea: è quanto mai necessario per chi esercita la professione di esperto in ambito giudiziario una specializzazione elevata, ma anche saper approcciare sempre con grande umiltà, mettersi in discussione continuamente e soprattutto aggiornarsi. In questo senso, i Corsi, i Master, l’alta formazione qualificata e certificata come quella erogata dall’INPEF, possono fare la differenza e rappresentare un’importantissima opportunità – oggi più che mai essenziale – per integrare i curricula di base con una formazione continua”.